C’E’ LA STORIA di Joshua che ha conosciuto online un ragazzo, Marty,
con cui ha cominciato a chattare. Avendo saputo che Marty lavora per una
compagnia di assicurazioni ha curiosato sul sito web dell’azienda e –
bella sorpresa – ha trovato le foto degli impiegati. Accanto a ciascuna
c’è un link che invita a contattare il dipendente per informazioni e
domande. Così Joshua pensa di fare un gesto carino e clicca sul link
accanto alla foto di Marty. Nel messaggio scrive “Allora? Ci vieni a
cena con me questo week end?”. Quindi preme ‘invia’. A sera, in chat,
Joshua riceve un messaggio furioso del non ancora incontrato partner che
spiega: “Il link accanto alla foto rimanda a un indirizzo comune
dell’azienda: ora tutti i colleghi sanno che sono gay”. La relazione tra
Joshua e Marty non è mai iniziata.
C’è poi la storia di Connie, grafica, che un giorno – il suo giorno
libero – riceve dal capo una email. Le suggerisce di rimanere a casa
ancora per una giornata. Connie, consapevole che le cose non andavano
benissimo al lavoro, risponde educatamente. Appena dieci minuti dopo
riceve una seconda email del capo. La apre e questa volta legge: “Ciao,
mi aiuti? Devo trovare il modo di licenziare questa…”: invece di inviare
il messaggio alla persona giusta il capo aveva semplicemente cliccato
‘rispondi’ all’email di Connie, che ha quindi appreso bruscamente del
suo destino professionale. E ha risposto via email per dire che non
avrebbe attraversato la città in macchina per farsi buttare fuori.
Sono solo alcune delle centinaia le storie raccolte in Send: The
Essencial Guide to Email for Office and Home, il libro che David
Shipley, giornalista del New York Times – e Will Scwhalbe, editore della
Hyperion book – hanno dedicato ai disastri che un’email sbagliata può
scatenare nelle nostre vite, sul lavoro e nel privato. Non il solito
galateo dell’email, ma un vero manuale di sopravvivenza che dovrebbe
impedirci di commettere tutti quegli errori che rischiamo di fare quando
inviamo una email. Primo fra tutti quello di non pensare prima di
cliccare sul tasto ‘invia’.
“L’email – spiega David Shipley – è un mezzo solo relativamente
nuovo: da più di dieci anni fa parte della nostra quotidianità .
Scriviamo e mandiamo messaggi elettronici con una frequenza e con una
velocità incontrollabili. Certi errori perciò sono sempre in agguato o,
addirittura, sono diventati cronici. Sono proprio quelli che mettono a
rischio la nostra tranquillità ”.
Ecco allora un vero decalogo dell’email perfetta: non usare
l’indirizzo email aziendale per comunicazioni private; prestare grande
attenzione alla parte alta del messaggio, quella che compare in
automatico, che indica soggetto e destinatari e che è all’origine dei
peggiori equivoci; compilare un messaggio non troppo informale e non
vago – questo alleggerirà il vostro compito quando riceverete una
risposta, perché indurrà un atteggiamento simile nel corrispondente. E
ricordare sempre che ironia, sarcasmo e ambiguità non funzionano in
questi tipo di comunicazione. Scegliete casomai un altro canale.
Qual è l’errore più frequente tra quelli analizzati dal vostro libro?
“Un messaggio dal contenuto vago, non chiaro, è forse il peggiore degli
errori”, risponde Shipley.”Anche perché determina una serie di
incertezze, di domande e di congetture nel destinatario che minano
l’efficienza della comunicazione e, in un certo senso, paralizzano
l’attività lavorativa”.
Un’email sbagliata può provocare problemi sul lavoro…
“Stiamo parlando di un problema affrontato recentemente anche dal
Dipartimento di Giustizia americano che ha dovuto esprimersi sulle
condizioni che giustificano il licenziamento per comportamento scorretto
via email. Un’email inopportuna è costata il posto di lavoro a
moltissime persone”.
Dal momento che siamo tutti a rischio, non sarebbe meglio un atteggiamento di tolleranza reciproca?
” Certo, questo è un auspicio. E’ vero comunque che la gente comincia da
poco a raccontare questi episodi e a condividerli. Finora restavano per
lo più nascosti, quasi un tabù”.
Quali precauzioni prendere?
“Le aziende si stanno attivando molto per educare i loro dipendenti su
questi temi. Individualmente non abbiamo molta scelta: scrivere dapprima
il testo come bozza. Oppure: non inserire mai il destinatario, se non
all’ultimo quando si è davvero certi di voler inviare il messaggio. Solo
educando noi stessi con pazienza ci mettiamo al riparo da conseguenze
spiacevoli”.
Perchè continuiamo a fare gli stessi errori inviando un’email?
“Secondo gli scienziati l’email innesca nel nostro cervello uno stato di
sospensione della coscienza della comunicazione. In una chiacchierata
di persona o al telefono siamo sempre consapevoli dell’interazione con
un altro individuo. L’email induce uno stato di disinibizione che ci fa
dimenticare del contesto comunicativo. Che è poi la stessa ragione per
cui moltissime liti via email hanno una durata incontrollabile”.
E che cosa comporta un atteggiamento disinvolto?
“L’errore colossale che sta alla base è di credere che un’email
costituisca solo un messaggio virtuale, mentre l’email è di fatto un
testo permanente, può essere rintracciato e – soprattutto – diffuso. E
un solo errore può mettere in discussione tutta la nostra credibilità ”.
Intanto il sito thinkbeforeyousend che gli autori di Send avevano
messo in piedi per raccogliere materiale e costruire il loro libro è
ormai diventato un vero e proprio “lettino dello psicanalista”, dove
tutti quelli che hanno avuto gli affetti, il lavoro e la serenitÃ
stravolti da un’email sbagliata trovano uno spazio per sfogarsi e
condividere un malessere davvero per niente virtuale.
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